Grazie ad autori come Roberto La Forgia il fumetto sta
acquisendo un suo status culturale e poetico nella forma della letteratura
grafica adatta per gli adulti. Con questo linguaggio molti temi vengono trattati in
maniera approfondita e curata: da quelli dolorosi come la morte e la malattia
fino a quelli delicati e scabrosi come la pedofilia.
Non bisogna però aspettarsi qualcosa di dissacrante o
irriverente ne “Il signore dei colori”.
La storia ruota attorno a un trio di bambini in età
pre-puberale che muove i primi passi verso l'altro sesso, idealizzandolo in
modo confuso e grottesco. Luca, Gianni e Paolo, tre bambini di un piccolo
paesino della Puglia negli anni Novanta, immaginano e ricostruiscono il corpo e
l'identità femminile componendo una figura distorta e informe, abbozzata
prendendo spunto dai giornaletti porno. Sarà proprio questa sete di stimoli
visivi a portare i tre ragazzini in un negozio di libri, riviste e fumetti
usati il cui gestore troverà in Paolo, il più piccolo fra i tre, un'attraente
immaturità e inconsapevolezza che lo travolgerà. Paolo, orfano di padre, cresce
con la dura responsabilità di occuparsi di una madre paraplegica. Assolutamente
non abituato ad essere considerato, si ritrova d'improvviso al centro delle
attenzioni di un signore appassionato di libri e fumetti che lo accoglierà
insegnandogli a guardare le cose sotto prospettive diverse, giocando con i
colori.
Roberto La Forgia, che ha un’infanzia barese ma vive e
lavora a Treviso, tratta l’argomento con equilibrio e delicatezza, non
compiange le “vittime” e non sbatte dei “mostri” in prima pagina. L’opera ci
rivela un autore molto maturo nella capacità narrativa, che accompagna con uno
stile caratterizzato dalle stilizzazioni grafiche e dalla bicromia (nero e arancio)
calda come il sole del Meridione ed emblema di un‘età divisa e in bilico.
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