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giovedì 8 marzo 2012

Giornata Internazionale della Donna: la donna nel fumetto italiano

Oggi è la Giornata Internazionale della Donna; non voglio fare un post banale o sciocco con scritto “Auguri a tutte le donne” ;“oggi è il vostro giorno” e altre frasi simili. Vorrei pormi invece delle problematiche sul ruolo, la posizione e diritti dell’altro sesso.
Da questo punto di vista, vorrei fare questo con lo strumento che più mi diverte: il fumetto, precisamente ripercorrendo la storia del fumetto italiano degli ultimi quarant’anni, cercando di capire cosa ha pensato e cosa tuttora il pubblico pensa di queste eroine che desiderano gareggiare con gli eroi. 

Innanzitutto, è solo intorno agli anni sessanta che la donna trova un ruolo di rilievo nei fumetti italiani, precisamente nel genere “noir”: è il caso di Eva Kant, compagna di Diabolik, che con il tempo acquisterà un ruolo sempre più determinante per la serie. Tuttavia, come ho appena scritto, il ruolo del personaggio femminile è ancora relegato a quello di spalla del protagonista.
Il primo a concepire donne a fumetti capaci di assumere ruoli da protagonista fu il papà di Kriminal, lo scrittore che, assieme alle sorelle Giussani, fondò il noir italiano: parliamo di Luciano Secchi, alias Max Bunker, che con Satanik ideò un’eroina al negativo.
A questo periodo d’oro per il fumetto italiano appartenne anche la Valentina di Guido Crepax, un figura femminile tutta concentrata sul suo erotismo; anche se, in una rilettura dei nostri giorni, viene definita come precursore di un’immagine di donna indipendente e spregiudicata, una femme fatale, consapevole e lucida nella sua malizia. È una libera artefice della propria vita (Una Valentina femminista?).
Proseguendo il nostro viaggio, si può notare che negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta la condizione del gentil sesso nel fumetto italiano peggiorò notevolmente (eccezion fatta per le pin-up di Milo Manara). Probabile che il grande pubblico dei comics non era ancora pronto a rinunciare ai vecchi eroi maschi.
Sarà solo verso la fine degli anni Novanta che il gentil sesso avrà la sua rivincita: infatti, iniziarono a spuntare le protagoniste di nuove serie, che riscossero ampi successi. Un nome su tutti, quello di Julia Kendal, splendida creatura di Giancarlo Berardi, può essere già sufficiente. Ma sempre in casa Bonelli sono arrivate Gea e Legs Weaver che, anche se non hanno avuto la stessa fortuna della criminologa, hanno comunque avuto una serie tutta loro. Lo stesso Luciano Secchi è tornato a partorire personaggi femminili principali con Kerry Kross e Beverly Kerr, ma stavolta con molta meno originalità.
Ci troviamo di fronte a una generazione di eroine che non si limitano ad un ruolo di spalla o di contorno, ma sono capaci di essere forti e coraggiose al pari dei loro colleghi maschi.

Viene da chiedersi perché solo alle soglie del nuovo millennio anche le donne hanno avuto un posto significativo nel fumetto. Bisogna pensare al fatto che ogni cambiamento sociale necessita di lunghi tempi per concludersi, e la liberalizzazione femminile non è stata un’eccezione. Il fumetto, come forma ogni d’arte, ha testimoniato lo svolgersi di questo lento processo.

P.S.: Un’ultima considerazione: a tutte le signore, non rafforzate il modello perverso di donna che quotidianamente i media propongono, ma continuate a lottare per i vostri diritti. L’Italia è uno dei pochi paesi che  ancora non hanno fissato un piano di attuazione della risoluzione Onu sulla violenza sulle donne in regime di pace, di guerra o di post conflitti (dall’inizio del 2012 a oggi 23 donne sono state uccise, e non si contano quelle che subiscono violenza nelle mura domestiche). Se pensate che basti un minigonna e una serata fuori dalle righe per essere libere, vi hanno fregato, e con voi tutti noi.

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