Ho riportato dettagliatamente le definizioni di fumettista,
fumettistico e fumetto tratte dal Devoto Oli, vocabolario della lingua
italiana, edizione 1986, per riflettere sui pregiudizi che girano attorno al
mondo dei Balloons. Il problema forse sta proprio nel termine fumetto: non mi è
mai piaciuto, forse perché troppo restrittivo e banale per indicare un
linguaggio ricco di codici e simboli, capace di creare un interessante via di
comunicazione e di essere un ottimo strumento di informazione e indagine.
Certo, le cose sono cambiate dal 1986, ora c’è una più
attenta analisi delle “storie disegnate”, e molti sono gli studiosi che si
impegnano ad esplorare questo mezzo; però vedo ancora spesso un certo tono di
sufficienza quando si parla di romanzi grafici, chiaro segno di un modo di
vedere queste opere come puri prodotti d’intrattenimento, per rilassarsi e non
pensare alle problematiche quotidiane, certi di trovarci di fronte ad un
linguaggio poco impegnativo. Queste convinzioni derivano da un’ignoranza
diffusa, intesa non come stupidità ma come non conoscenza del linguaggio e di
certe sue opere sublimi, capaci di creare uno spirito critico nel lettore e di
comunicare quello che le sole parole non possono fare.
Guy Delisle è un autore canadese conosciuto per i suoi
reportage fumettistici ( tra i quali segnalo il bellissimo albo dedicato al suo
soggiorno a Pyongyang, capitale della Corea del Nord). Per seguire sua moglie,
amministratrice presso Medici Senza Frontiere, Delisle ha vissuto un anno a
Gerusalemme, e ha riassunto la sua esperienza nell’opera “Cronache di
Gerusalemme”(edito in Italia da Rizzoli Lizard).
È un opera complessa, ricca di sfumature e di dettagli, in
cui l’autore non si fa scrupolo di narrare tutte le esperienze che ha vissuto
in Israele. Quello che ne viene fuori è un ritratto nudo e crudo: Delisle,
infatti, non resta chiuso in casa, ma viaggia, esplora, commina e osserva. È soprattutto
questo che fuoriesce dal resoconto del soggiorno: un uomo curioso di conoscere
le vicende del paese in cui è ospite, di comprenderne le dinamiche e lo spirito
che lo attraversa. Ciò che rimane impresso è l’immagine di un paese composto da
confini, fisici, e soprattutto mentali. Troppe sono infatti le ideologie che
impediscono una pacifica convivenza: un esempio è ben mostrato dal quotidiano
lancio di pietre tra coloni e palestinesi, dal pericolo di muoversi con l’auto
nei quartieri ultraortodossi durante il giorno dello Shabbat e dai
numerosissimi checkpoint disseminati nel territorio. In tutto questo emergono
le tensioni feroci e millenarie, la speranza, la rabbia e la frustrazione dei
palestinesi, in lotta contro l’occupazione e devastato dall’atrocità dell’attacco
tristemente noto come “Operazione piombo fuso”, di cui l’autore è spettatore
inerme. Ad egli non resta che sedersi, ascoltare, indagare, osservare e
rappresentare quello che gli si palesa davanti ai suoi occhi.
Premiato come miglior opera al Festival di Angouleme 2012, Il
lavoro di Delisle presenta una realtà problematica con gli occhi di chi cerca
di afferrare un senso: quella che può essere scambiata per vigliaccheria, per
non presa di posizione, è solamente il punto di vista di un individuo immerso
in una realtà per lui totalmente estranea; non gli interessa dire chi ha
sbagliato e chi ha ragione, descrivere gli errori e gli orrori degli israeliani
o dei palestinesi. Quello che vuole cogliere è il lato quotidiano, condizionato
da grandi questioni, eppure fatto di piccoli, significativi momenti narrati con
maestria.
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