Recentemente ho avuto modo di leggere il famoso manga di
Shigeru Mizuki NonNonBa. Storie di fantasmi
giapponesi, edito da Rizzoli Lizard. Opera di esplicito stampo
autobiografico, nel 2007 si è
aggiudicato il Premio alla Miglior Opera
al festival del fumetto di Angoulême.
L’autore è conosciuto nel nostro Paese principalmente per le
sue enciclopedie dedicate ai mostri e agli spiriti del folklore nipponico, e per
l’indimenticabile serie di Kitaro dei
cimiteri. La sua produzione è incentrata su pochi temi portanti, quali
l’interesse per l’universo soprannaturale, il dolore, la malattia e la morte,
tutti ingredienti che si ritrovano, più o meno,in “NonNonBa”.
La trama può essere riassunta in questo modo: il piccolo
Shigeru vive la sua infanzia nel villaggio di Sakaiminato, nella campagna del
Giappone dei primi anni Trenta. Disinteressato allo studio e animato solo dalla
sua passione per il disegno, il bambino nutre la sua immaginazione e la sua
sensibilità grazie alle storie di yokai narrategli dall’anziana NonNonBa,
intrecciando così le visioni di spiriti e demoni alla routine di tutti i
giorni, fatta di azzuffate, sgridate, nuovi incontri e nuove scoperte sul senso
della vita.
Con il suo personale stile, basato sulle tecniche
tradizionali di inchiostrazione e composizione della tavola, l’autore nipponico
tratteggia con delicatezza diversi episodi ispirati alla sua infanzia,
raccontando, con quella spontaneità riconducibile al modo d’essere del popolo
del Sol Levante, la commistione tra il mondo terreno e il mondo degli yokai,
creature indefinibili per noi occidentali, e difficilmente classificabili come
“buone” o “cattive”. Ecco allora il piccolo Gege, che con pari serietà si trova
ad affrontare le prime prove della vita, come la perdita di persone a lui care,
i primi affetti, le difficoltà di uno studente svogliato, e gli incontri con le
meravigliose creature soprannaturali che si manifestano alla sua anima
sensibile, in grado di andare oltre l’apparenza e il materiale, grazie all'influenza della saggia NonNonBa, vero filo conduttore della storia.
Il risultato è un’opera poetica e delicata, pur nella
durezza di alcuni suoi passaggi, che regala al lettore lo sguardo sognante e
acuto di un bambino, lontano dal cinico razionalismo degli adulti e in grado di
porre reale e fantastico sullo stesso piano.La narrazione è fluida e gradevole;
trasporta il lettore in un contesto storico definito, vivido nella memoria dell’autore
e ricostruito con precisione in ogni dettaglio.
Una lettura autentica, di stampo squisitamente
storico-antropologico, indicata per questo agli appassionati
della cultura e del folklore giapponese; mentre per i neofiti potrebbe
costituire l’opportunità di conoscere uno degli autori più influenti nel
panorama fumettistico e culturale del Sol Levante, e avvicinarsi agli stilemi
della tradizione che hanno plasmato la fisionomia dell’industria del manga
contemporaneo.